QUARTA CAPPELLA

Di giuspatronato dapprima Davia, poi Caprara, è’ dedicata al Crocifisso di Beirut.
Nel lato destro del transetto, in un'ancona secentesca in legno dorato, la Storia del miracoloso Crocifisso di Beirut (olio su tela, cm. 450 x 300), opera di Jacopo Coppi (Peretola 1523 - Firenze 1591) reca alla base la dicitura: "Jacobi Coppi Civis Fiorentini opus 1579" e fu commissionata dagli stessi Canonici, probabilmente dal priore Raffaello Campioni. Due anni prima, lo stesso pittore aveva realizzato un dipinto analogo per la chiesa di S. Pietro in Vincoli a Roma.

 

IL MIRACOLO DEL CROCIFISSO DI BEIRUT

La chiesa del Santissimo Salvatore in Bologna ha assunto il nome titolare da un avvenimento miracoloso che la tradizione ecclesiale fa risalire al 9 novembre 785 e che lasciò una traccia profonda e decisiva nell'evoluzione teologica e nella pietà popolare verso i segni eucaristici.
Gli Ebrei sono i protagonisti principali di questa vicenda religiosa, raccontata, nella chiesa di S. Salvatore, da cinque opere pittoriche di pregevole valore artistico, scaturite dai pennelli del Coppi, del Cavedone e del Brizio, che riproducono fedelmente il racconto riportato negli atti del secondo Concilio Niceno, voluto da Adriano II (789).
I Canonici Regolari Renani celebravano, il 10 novembre, una solenne Festa in onore
dell' Immagine del SS. Salvatore, contitolare della Congregazione; nell'Ufficio Divino
di quel giorno si leggeva il sermone del beato Atanasio, ricco di particolari sull' episodio dell'effigie del Salvatore.

Il famoso episodio propone la guarigione degli ammalati mediante ii sangue sgorgato dal costato del Crocifisso.
Nella città di Beirut in Siria, un cristiano aveva collocato sulla parete sopra il proprio letto un'immagine di Gesù. Poi si era trasferito in una casa più grande, dimenticando di portare con sè il Crocifisso.
Un ebreo prese in affitto quell'abitazione, ma non si accorse della presenza del Crocifisso se non quando, avendo invitato un amico ebreo, questi, vista l'icona, rimproverò il padrone di casa e andò a denunciare il fatto ai sacerdoti della Sinagoga.

Costoro fecero irruzione in quella casa e ordinarono di rimuovere Il Crocifisso,
dopo averlo oltraggiato con sputi, beffe, ingiurie; e da ultimo trapassarono con una lancia il costato del Cristo dal quale, fra lo stupore generale, sgorgarono sangue ed acqua,
che i Sacerdoti raccolsero.
Per dimostrare che erano favole i miracoli in cui credevano i cristiani, fecero radunare nella Sinagoga numerosi malati e su di essi versarono il sangue.
Ma gli infermi guarirono; gli Ebrei si convertirono e furono poi battezzati dal Vescovo, il quale fece raccogliere in un'ampolla il liquido prodigioso.
La sinagoga fu trasformata in chiesa cristiana e dedicata al Salvatore.
Il racconto ha un evidente richiamo al mistero eucaristico del Sacrificio di Gesù crocifisso, unico Salvatore di tutti, anche degli Ebrei. E' un messaggio salvifico importante, con un accento ecumenico che anticipa profeticamente ii dialogo rispettoso e costruttivo, tra cristiani ed ebrei, caldeggiato dal Concilio Ecumenico Vaticano II

 


Sotto la cantoria a destra, in una cornice di stucco, e il famoso quadro (olio su legno) La Beata Vergine al tempio con S. Tommaso di Canterbury (1530 circa, cm. 180 x 140) di Girolamo da Treviso (1499-1549, ovvero 1508-1544).
L’opera era già presente nella chiesa vecchia dei Canonici; l'autore, nell'eseguirla, si ispirò al dipinto che era oggetto di devozione fin dal tempo in cui esisteva la cappella degli studenti inglesi.
II quadro raffigura, a destra, in piedi, S. Gioacchino, in veste rossa, e S. Anna, in veste nera e velo bianco; dietro sono visibili tre donne, di profilo; ancora a destra, in basso, e inginocchiato S. Tommaso Becket, Arcivescovo di Canterbury, con il piviale. Al centro, con ampia veste gialla e un cero in mano, e la Vergine in atto di salire una scala, alla cui sommità attendono, tra due colonne, tre sacerdoti.

 

GLI STUDENTI INGLESI IN S. SALVATORE E TOMMASO BECKET

 

Pochi decenni dopo la costituzione dell'Università (Studium) di Bologna (fissata tradizionalmente nel 1088) giunsero studenti stranieri, fra cui numerosi inglesi.
Fra costoro vi fu anche Tommaso Becket (1117-1171) che, seguendo il consiglio di Teobaldo, Arcivescovo di Canterbury, era venuto nella città felsinea per approfondire le proprie conoscenze di diritto canonico e civile.
Tommaso Becket divenne poi Arcivescovo di Canterbury e, quando il Re d'Inghilterra Enrico II decise di estendere la propria sovranità anche su temi di carattere religioso, Tommaso Becket si oppose contestando apertamente le decisioni unilaterali del sovrano.

Questo atteggiamento fu all'origine della sua morte avvenuta per mano di sicari del Re all'interno della stessa Cattedrale di Canterbury, il 29 dicembre 1171.

Il culto per il coraggioso Arcivescovo, che fu canonizzato il 20 febbraio 1173 da papa Alessandro III, si diffuse immediatamente anche a Bologna, dove gli studenti inglesi vollero ricordare Tommaso Becket costituendo una Confraternita e dedicandogli una cappella proprio accanto alla chiesa del SS. Salvatore.

Il tempietto, il cui altare era regolarmente consacrato, era gestito dalla stessa
Confraternita che raccoglieva offerte dagli inglesi residenti a Bologna, in accordo con i Canonici Renani di S. Salvatore.
La comunità degli studenti inglesi (ma a Bologna vi furono anche docenti ed alcuni religiosi della stessa nazionalità) risiedeva nella zona limitrofa a Porta Nova, forse in immobili di proprietà dei Canonici Renani, e qui essi frequentavano le scuole di diritto.
Nel XV secolo la presenza degli studenti inglesi a Bologna si era ormai rarefatta. Ma il culto per S. Tommaso Becket rimase vivo: infatti, quando fu decisa la ricostruzione della chiesa del SS. Salvatore (1478), fu demolita l'antica cappella con l'altare di S. Tommaso,
ma nella nuova chiesa al Santo fu dedicato un altare, che poi, come asserisce il Trombelli, divenne di giuspatronato della famiglia Dolfi.
E quando, all'inizio del ’600  la grande chiesa del SS. Salvatore fu ricostruita, nelle fattezze odierne, l'altare dedicato a S. Tommaso Becket scomparve, ma a ricordo del santo rimangono ancora oggi due opere pittoriche: il magnifico polittico di Vitale da Bologna e il dipinto di Girolamo da Treviso.
 
Sopra la cantoria, verso il passaggio alla sacrestia, funge da portella di un
finto organo ii grande quadro Giuditta con la testa d'Oloferne acclamata dalle fanciulle ebree (olio su tela, 250 x 200), pregevole opera del Mastelletta.
Sulla parete di fronte, sotto l'organo secentesco, altra opera celebre di Girolamo da Carpi (Ferrara, 1501-1556), La Beata Vergine che porge il Bambino a Santa Caterina, con i Santi Sebastiano e Rocco, detto anche II matrimonio mistico di S. Caterina (1532-34, cm. 200 x 160).
In occasione del recente restauro della tavola, nel retro sono apparsi segni a biacca e pittura a olio di colore nero e altri abbozzi di figure: sulla sinistra appaiono delineati
due personaggi avvolti in lunghi e ampi panneggi e un volto femminile molto simile a quello della Vergine dipinta da Girolamo da Carpi. Sulla destra sono tratteggiati una figura in abiti romani e un nudo maschile.
A destra del presbiterio, nel transetto, sotto la cantoria dell'organo, uno dei più insigni capolavori della pittura bolognese, il polittico Incoronazionedella Vergine fra il presepe,
il martirio di S. Caterina, e vari santi, e varie storie(1353, tempera su tavola), opera di Vitale da Bologna (operante fra il 1330 e il 1360).

 
IL POLITTICO DI VITALE DA BOLOGNA
L’INCORONAZIONE DELLA VERGINE

L'Autore
Vitale da Bologna, è attivo a Bologna dal 1330 al 1360 circa, anno della sua morte.
L’artista sembra fosse della nobile famiglia Cavalli. Il suo nome è Vitale degli Equi, ma e più conosciuto come Vitale delle Madonne, dal soggetto che dipingeva di preferenza.
Ritenuto scolaro di Franco Bolognese, miniatore, forse fu maestro di Simone detto dei Crocifissi.
Poche le notizie sicure pervenuteci a proposito di questo artista, tra i maggiori del '300. Dipinse in S. Francesco nella chiesa di Mezzaratta; negli anni 1348-1349 andò ad Udine dove realizzò gli affreschi per il Duomo; a Padova conobbe gli affreschi di Giotto, da cui derivò un addolcimento del colore, che diventò più luminoso nel Polittico della Incoronazione di S. Salvatore in Bologna.
L’opera (tempera su tavola, cm. 105x225, del 1353) commissionatagli dai Canonici Renani, come risulta da un documento del 6 luglio 1353, fu originariamente collocata nell'antica chiesa di S. Maria di Reno a Casalecchio, prima residenza dei Canonici Regolari.

 

II Polittico si compone di sette scomparti ed è racchiuso entro una cornice originale, di stile gotico, in legno intagliato, dorato e dipinto. Cambiò ripetutamente sede, fino alla costruzione dell'attuale chiesa di S. Salvatore (1605-23), nella quale dal 1755 risulta sistemato definitivamente in uno scasso appositamente predisposto sotto la cantoria dell'organo.
La pregevole tavola e uno dei maggiori documenti del 1300 bolognese, rara testimonianza dell'attività matura del maestro. Si tratta di un prezioso unicum.

 
Raffigurazioni (partendo dall'alto, a sinistra):
Ia parte: Presepio con Maria, Gesù e Giuseppe;
IIa parte: S. Benedetto in colloquio con sua sorella S. Scolastica;
IIIa parte: S. Tommaso di Canterbury con un priore degli antichi canonici renani;
IVa parte centrale: la Beata Vergine Maria incoronata da Gesù;
Va parte: S. Giovanni Battista con il giovane committente;
VIa parte in alto: Martirio di S. Caterina di Alessandria;
VlIa parte: S. Agostino e S. Ambrogio.

Misure: parti I, II, VI, VII: cm. 40 x 39; IV: cm.100 x 50; III e V: cm. 85 x 20.
Restauro: ii polittico fu restaurato, a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici (1981-1982), da due grandi maestri di restauro: Ottorino Nonfarmale e Otello Caprara. L’intervento ha provveduto a consolidare il supporto ligneo, ormai ridotto per l'umidita delle pareti a livelli di polverizzazione, ed alla pulitura della superficie pittorica di fragilissima tempera, riportata, per quanto possibile, agli antichi splendori.
L’opera di Vitale da Bologna fu ricollocata in S. Salvatore il 30 ottobre 1990.